lunedì 7 marzo 2011

Il 12 marzo in piazza. Nonostante tutto.

Quando nel 2005 un gruppo di donne creò il comitato “Usciamo dal silenzio” in risposta agli attacchi alla legge 194 ed alla libertà di autodeterminarsi, altri collettivi femministi si riunirono sotto un altro nome, molto eloquente: “mai state zitte”. Quel nome nasceva dall'esigenza di sollevare un dibattito, aprire, perché no, una polemica. C'era chi quei temi non li aveva mai accantonati, e quei giorni di lotta, magari passati nel silenzio altrui, non voleva dimenticarli.

L'appello lanciato dal PD e ripreso da Repubblica, dentro la giusta mobilitazione indetta da Articolo 21 in difesa della Costituzione, a scendere in piazza il 12 marzo in difesa dell'Istruzione pubblica, ha per noi il sapore di quel dibattito. Può essere forse Franceschini, assente dalle piazze di questo autunno, dai provveditorati occupati nel 2009, dalle facoltà assaltate nel 2008 dall'Onda, a determinare lo scadenzario del movimento degli studenti, dei precari e dei docenti, di tutto quel popolo che da sempre si batte per la difesa della scuola pubblica dagli attacchi di tutti, proprio tutti, i Governi? O può essere un giornale a far crescere una mobilitazione senza coinvolgere quelle tante organizzazioni e collettivi che sono stati il motore del movimento in difesa dell'istruzione pubblica, dalla primaria alla ricerca?

Evidentemente possono. E sarebbe un errore, nel furore della legittima polemica, nell'Italia della latente dittatura berlusconiana, perdere anche solo un'occasione di manifestare il dissenso, il proprio sdegno, la propria indignazione. L'occasione di portare in piazza l'alternativa. Ma non vogliamo essere associati ai deputati del PD e neanche agli editorialisti di Repubblica che difendevano il “progetto innovativo” della Riforma dell'Università, men che meno ai deputati di Futuro e Libertà, artefici dell'ultima coltellata al sistema formativo pubblico. Noi siamo altro. Siamo quelli che non sono mai stati zitti.

Saremo in piazza il 12 marzo come lo siamo stati nelle bollenti giornate dell'Onda del 2008, come lo siamo stati nell'autunno 2009 insieme ai precari della scuola che apprendevano e subivano le conseguenze atroci dei tagli alla pubblica istruzione, come lo siamo stati quest'autunno nelle gioiose manifestazioni di ottobre e nei cortei repressi coi manganelli ed i lacrimogeni a dicembre. Il 12 marzo non rappresenta per noi il momento di risveglio ma la continuazione naturale di una battaglia iniziata parecchi anni fa. Iniziata dalle contestazioni al Ministro Berlinguer ed al Ministro Zecchino. In quel tempo solo noi ci accorgevamo che autonomia, scuole paritarie, modelli aziendali erano meccanismi deleteri che avrebbero portato al massacro del sistema formativo pubblico. Qualcuno ci accusava allora perché attaccavamo un Governo di centrosinistra. Avevamo ragione.

Il 12 marzo è un'occasione. Tante volte in piazza ci siamo chiesti dove fossero le cittadine e i cittadini comuni, le persone che non lavorano nella scuola e non la frequentano ma che comprendono bene l'importanza di un'istruzione statale, obbligo della Repubblica. Ci siamo sentiti spesso soli. Forse il 12 marzo loro ci saranno e noi dobbiamo essere presenti. Per incontrarli, per conoscerli, per coinvolgerli nelle nostre battaglie. Per convertire in impegno politico quella simpatia manifestata sui divani di casa di fronte alla televisione che mandava in onda i servizi sulle manifestazioni studentesche.

Ma il 12 marzo è anche il sintomo di un'opposizione senza proposte. Il movimento per l'istruzione pubblica rischia sempre di più di perdersi in una battaglia difensiva. Il nostro compito sembra limitato alla sola reazione. E se prima era la necessità di fermare una legge ora sono le dichiarazioni infelici di Berlusconi a portarci in piazza. Sabato, mentre manifesteremo, anche su questo dovremo interrogarci, guardandoci attorno, leggendo le proposte e le azioni politiche dei partiti che ci staranno a fianco. Gestione aziendale degli enti formativi, finanziamenti alle scuole ed alle università private, investimenti sulla ricerca, valorizzazione dei docenti. Questi sono i temi su cui, dal 12 marzo, dovremo confrontarci. Per realizzare il progetto di una nuova istruzione possibile. Senza privati e senza manager, senza preti e magari con più soldi.

Il 12 marzo saremo in piazza con tutto il nostro entusiasmo, con quella carica di rabbia che abbiamo in corpo, con il ricordo dei mesi appena trascorsi in mobilitazione e delle responsabilità che hanno tutti verso la distruzione del sapere pubblico in Italia. Saremo in piazza consapevoli che noi non siamo mai stati zitti e che alcuni, solo ora, stanno uscendo dal silenzio.

Matteo Iannitti

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