Bisogna mantenere alta l'attenzione sul più grave caso di morti sul lavoro avvenuto nella nostra provincia. I 6 operai di Mineo assassinati sembrano ormai un lontano fatto di "cronaca" da dimenticare. Finalmente partono i processi con gravissimi capi d'imputazione e spero tanto che non si faccia il solito atto dovuto, e come conseguenza non si arrivi alla verità.
Resta al di là delle verità processuali una unica certezza: ogni giorno si muore sul lavoro da Trento a Mineo. La destrutturazione del mondo del lavoro, l'attacco ai diritti dei lavoratori, lavoro nero o precario,l'asservimento dell'ispettorato del lavoro agli interessi del profitto a tutti i costi, il silenzio assordante dei sindacati(per fortuna non tutti), la mancanza di serie leggi sulla tutela mettono ogni giorno in pericolo migliaia di vite umane. Ogni tanto un fatto eclatante, come il caso di Mineo, riporta all'attenzione la questione per poi svanire sotto l'attacco mediatiaco delle donnine di Berlusconi e delle lacrime dei Talk show di Maria De filippi. Noi li chiamiamo e continueremo a chiamarli omicidi di stato!
Riporto l'articolo sulla questione:
Incidente nel depuratore di Mineo, slitta l´inizio del processo
Il Tribunale di Caltagirone ha rinviato al prossimo 23 marzo, per un problema procedurale di alcune notifiche, la prima udienza del processo a sette persone per l'incidente sul lavoro nel depuratore comunale di Mineo, avvenuto l'11 giugno del 2008, in cui morirono sei persone. In aula era presente il procuratore capo Francesco Paolo Giordano, che aveva chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio degli indagati a conclusione di indagini svolte da carabinieri della compagnia di Caltagirone e del Noe.
Le persone imputate sono il sindaco Giuseppe Castania; l' assessore con delega ai lavori Pubblici, Giuseppe Mirata, il responsabile ufficio tecnico del Comune, architetto Marcello Zampino; l'addetto ai servizio del depuratore, geometra Antonino Catalano, il responsabile del servizio di prevenzione Giuseppe Virzì; il titolare della omonima azienda di espurgo di Ragusa, Salvatore Carfì; e il capo cantiere della ditta, Salvatore La Cognata. Nell'incidente morirono i dipendenti comunali Salvatore Pulici, Giuseppe Palermo, Natale Sofia Giuseppe Zaccaria e due operai della società Carfì, Salvatore Tumino e Giuseppe Smecca.
Secondo l'accusa, la morte dei sei operai sarebbe stata causata dall'esalazioni tossiche formatesi nel pozzetto di ricircolo dei fanghi durante le fasi della sua pulizia, che, secondo una perizia disposta dalla Procura e eseguita da tre docenti universitari, sarebbero state prodotte dallo sversamento illecito nella vasca di
idrocarburi dall'autobotte della dittà Carfì che si trovava a operare sul posto.
I capi d'imputazione contestati dal procuratore capo Giordano sono diversi e articolati. Nei confronti del sindaco Castania, dell'architetto Zampino e dell'allora assessore Mirata è ipotizzato l'abuso d'ufficio; Zampino e Mirata, inoltre, assieme al geometra Catalano, Virzì, Carfì e La Cognata sono imputati per omicidio colposo plurimo; Carfì e La Cognata sono anche accusati di causazione della morte come evento prodotto da un reato doloso, nella specie il traffico di rifiuti speciali.
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